Notizia

Diabete giovanile: una malattia cronica di difficile gestione

Da circa 20 anni la medicina ha cercato di dare consapevolezza al malato cronico della sua malattia e di educarlo a una autogestione della stessa, quasi a diventare il medico di sé stesso. Però non tutte le malattie croniche sono facilmente gestibili dai pazienti e dalla famiglia. Per esempio il diabete in età pediatrica, è una delle patologie più complesse e la sua gestione risulta molto impegnativa.

A differenza dell’adulto che presenta prevalentemente un diabete mellito tipo 2, cioè una inadeguata risposta secretoria di insulina, nel bambino prevale il diabete tipo 1 (90%) caratterizzato dalla distruzione autoimmune delle cellule beta pancreatiche, che sono quelle deputate a produrre l’insulina. La progressiva distruzione delle cellule beta del pancreas, dunque, comporta una lenta, ma inesorabile, riduzione della produzione di insulina determinando un eccesso di glucosio nel sangue con le conseguenze cliniche che ne derivano.

Il diabete di tipo 1 può insorgere in età infantile, adolescenziale e nella prima età adulta in soggetti predisposti geneticamente. E’ in aumento nei paesi occidentali con una incidenza di 3,4 % ogni anno soprattutto in alcuni paesi, per esempio l’Ungheria, la Romania, la Polonia. In Italia ne sono affetti circa 20000 bambini e adolescenti. Il diabete mellito oggi rappresenta la più frequente malattia endocrina dell’età pediatrica: 12 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, ad eccezione della Sardegna dove l’incidenza è di 33,2 casi ogni 100.000 abitanti. Si pensa che alla base dell’attuale aumento ci sia una interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali scatenanti, ma non si è arrivati a conoscerne le vere cause.

La gestione complessiva di questi bambini con diabete di tipo 1 è abbastanza complessa e comprende il monitoraggio dell’andamento della glicemia, la attenta modulazione della terapia insulinica, un’alimentazione corretta, il calcolo dei carboidrati e una attività fisica individualizzata.

Ovviamente per raggiungere tali obiettivi, nonostante gli ausili che abbiamo a disposizione, il bambino necessita della supervisione di un adulto, in particolare a scuola.

Qualche anno fa l’Associazione Giovani Italiani con diabete (AGD), in collaborazione con il Ministero della Salute e dell’Istruzione, ha approvato un documento in cui si indica il percorso per effettuare l’inclusione scolastica del bambino diabetico nel modo migliore. Si puntualizza in tale documento che il bambino non deve essere trattato come un malato perché la sua patologia non richiede la presenza di personale sanitario. Necessita comunque un’adeguata formazione dell’insegnante per poter attuare una gestione sicura e in un clima di serenità.

Le criticità riguardano sia la paura della malattia cronica da parte dell’insegnante per la sua scarsa conoscenza della patologia, sia le difficoltà organizzative tra le varie figure con in più la preoccupazione della famiglia nel dover affidare il bambino a personale non medico.

Tutto ciò può essere risolto responsabilizzando gli insegnanti e programmando incontri formativi congiunti fra le famiglie e una eventuale equipe pediatrica.

Purtroppo, in Italia attualmente l’assistenza scolastica non è uniforme e questo comporta una gestione passibile di errori.

Un valido esempio di collaborazione tra le istituzioni scolastiche, le famiglie dei bambini diabetici e i Servizi Sanitari di competenza (Centro diabetologico ospedaliero, Pediatria di comunità, Pediatri di famiglia) è quello che è stato messo in pratica nelle province di Ravenna e Cesena attraverso la realizzazione di un progetto che è potenzialmente applicabile in altre realtà per favorire un ruolo attivo della scuola nella gestione del diabete e del bambino.

In seguito alle conoscenze di queste problematiche, sono entrati in azione i Lions con il progetto Associazione italiana Lions per il diabete( AILD) fondata circa 30 anni fa, che segue un programma diventato uno degli obiettivi del centenario dell’Associazione. E’ una battaglia sostenuta attraverso la sensibilizzazione e l’informazione, la prevenzione, il controllo e la ricerca in un coinvolgimento interdinamico delle famiglie e delle istituzioni.

Ovviamente questa attività lionistica non vuole essere sostitutiva di quella istituzionale, ma semplicemente un valido modello da seguire in un futuro che si spera sia prossimo.

Antonio Dezio